Ancora una volta ho assistito ieri, come uomo e come psicologo, all'ennesimo sballottamento di quello che è il principale protagonista della sofferenza esistenziale, in caso di separazione o di divorzio: il bambino. Con mio grande sconforto si è avuto il coraggio di spostare un tema così sentito ed umanamente grave, come il patimento di un figlio, sulle beghe ed i litigi di papà a mamma. Che prima ancora che essere tali, preferiscono essere marito e moglie. O meglio, ex marito ed ex moglie.
Sono state veicolate informazioni, per quanto rispettabili, che rischiano di far pensare all'opinione pubblica che, semplicemente perchè si è passati attraverso un percorso di sofferenza, che è diventata esperienza, si possa intervenire in modo risolutivo su una coppia in crisi. Ma noi ad un depresso diciamo forse: "Coraggio, trova la forza in te per reagire"?
Si, è vero...esistono i gruppi di auto aiuto (come Alcolisti Anonimi), ma sono gruppi che in molti casi presentano comunque un supervisore che, in forma più o meno discreta, vigila sulle dinamiche.
Sempre, sempre, sempre continuiamo ad anteporre il bene dell'ex coppia al bene di chi ancora non ha la struttura idonea ad affrontare una separazione traumatica dai genitori.
Ho assistito, sempre ieri, all'ennesima abitudine di vedere noi psicologi come i "santoni", i "guaritori", quasi fossimo dotati di una onnipotenza divina. Noi aiutiamo si, facilitiamo si...ma siamo nati anche per intervenire laddove il problema ancora è parzialmente o per niente comparso o, in quella che in una sola parola, possiamo definire "prevenzione".