venerdì 15 maggio 2009

Il Giardino dei Lorchitruci

"Il giardino de Lorchitruci" - 50 racconti brevi per Casa OZ e' una iniziativa di www.ilmiolibro.it e Scuola Holden a favore di casa OZ.
Da un incipit di Paola Mastrocola, premio Campiello, le storie raccontano il meraviglioso sentiero dorato verso la città di Smeraldo, capitale del Regno di OZ, la casa dei bambini....E, con piacere, vi trascrivo qui di seguito il mio racconto, "SIA BENEDETTA LA SCUOLA", selezionato tra gli oltre 1000 giunti.
Il libro e' possibile acquistarlo sul sito: www.ilmiolibro.it

SIA BENEDETTA LA SCUOLA!

"Siccome avevo preso un altro brutto voto, mio padre mi disse: - Va bene, allora oggi verrai con me a lavorare. Così vedrai come si fatica!Mio padre faceva il giardiniere, e andava in giro per i giardini altrui. Andava a potar piante, rastrellare foglie e tagliare erba col suo potente tagliaerba.Quel giorno doveva occuparsi niente meno del giardino dei terribili Lorchitruci.I Lorchitruci erano la famiglia più ricca e potente della collina. A me facevano paura due cose di loro: il nome, perché mi veniva da pensare a degli orchi molto truci; e il giardino, appunto, perché era chiuso da una muraglia gigantesca dietro la quale chissà che cosa mai si nascondeva."

Partimmo alle prime luci dell’alba, quando ancora una flebile luce rendeva tutto indefinito e provvedeva a rendere la mia paura ancor più intensa. “E se i Lorchitruci ci avessero aggrediti pensando fossimo dei ladri?”. Già da tempo infatti in tutta la zona si parlava di briganti e malviventi che si spostavano di casa in casa, alla ricerca di oggetti da rubare e, non avendo detto l’ora del nostro arrivo, quegli orchi molto truci potevano insospettirsi. “Chissà cosa ci avrebbero scatenato addosso!!!”

La casa di questi loschi figuri, che neppure ho il coraggio di pronunciare, era distante circa 10 chilometri dalla nostra abitazione e allora, presi tutti gli attrezzi del mestiere, salimmo in macchina e ci avviammo.Lungo la strada ripensavo alle ore che avrei potuto trascorrere sui libri per quella maledetta interrogazione andata male. In fondo sapevo che prima o poi la maestra mi avrebbe interrogato. Ma io nulla, con la mia solita cocciutaggine, non ho voluto far altro che vedere la TV e provare a vincere a quell’ipnotico gioco sul computer. Mio padre mi osservava mentre facevo questi pensieri e sono sicuro che sapeva che la sua lezione sarebbe stata molto più istruttiva delle mille parole proferite dalla maestra.

Di lì a pochi minuti mi sarei dovuto armare di tanto coraggio e superare quella muraglia oltre la quale chissà cosa mi attendeva.E, come se non bastasse il mio terrore, quasi in un fare cinico e sadico, anche mio padre ripeteva a ritmi di due/tre volte al minuto questa frase che suonava come un macigno: “Sai, i Lorchitruci sono ansiosi di conoscerti e di abbracciarti”. “Abbracciare me?” ripetevo nella mia povera mente… “ma che vogliono questi proprio da me?”… “chi li conosce!?!”.I miei pensieri si facevano sempre più catastrofici e avrei voluto capitasse di tutto pur di non raggiungere quel posto infernale. Sudavo solo all’idea di entrare in quel giardino e molto meno al pensiero del lavoro che mi attendeva. Non feci in tempo a pronunciare, fra me e me, le parole: “Preferisco che si buchi una gomm…” che, indovinate un po’, proprio la ruota anteriore destra si affloscia forse perché il terreno impervio l’aveva messa a dura prova.

Scendiamo dalla macchina. Alberi a destra. Alberi a sinistra. La strada stretta ci mette ancora più paura. “Ci mette”, penso stupidamente. “Mi mette!”. Convinto della bravura di mio padre, oltre che nell’arte del giardinaggio, anche del ripara gomme, mi distendo. Non passano neppure venti secondi che sento la sua voce tonante che mi fa: “Su, coraggio, prendi il crick!”. Dannazione, questa non ci voleva. Ora mi toccava pure sporcarmi di grasso, di terra e di tutto ciò che avevo sempre odiato. La voce del mio caro papino si faceva sempre più perfidamente sadica fino a quando esclamò, con fare fiero: “Sai, oltre che giardiniere oggi diventerai davvero un bravo gommista. Hai un futuro davanti a te, non pensi?”. Era mio padre e non conviene riferisca quanti e quali pensieri mi son passati in quei minuti di cambio gomma che, alla fine, divennero circa quaranta.

Ci rimettiamo in viaggio, mio padre mi riferisce che mancano solo tre chilometri e che la giornata anche se iniziata male per via della foratura, in realtà almeno ci vedrà lavorare tranquillamente. “Sarà una giornata serena”, esclama. E indovinate un po’. Quella disgraziata parola, serena, scatena un nubifragio di quelli che la pioggia diventa talmente fitta da poter fare scorta di acqua per un anno intero. Non si vede nulla. Solo una luce intensa, fortissima, abbagliante.Inizialmente pensai fosse un’altra macchina che veniva dal lato opposto.
Poi immaginai dovesse essere la casa dei Lorc…si insomma quelli là. No. Non era nulla di tutto ciò. Era mia madre che aveva acceso la luce della mia stanza. Erano le 7.50 e mancavano solo dieci minuti all’entrata a scuola. E, ancora una volta, come sempre, non avevo sentito la mia amica sveglia ed ero in terribile ritardo.

Nessun commento: