sabato 27 settembre 2008

Voglia di rialzarsi

Analizzando la letteratura psicologica in materia di dolore, di cure per pazienti che soffrono di mali "cosiddetti incurabili" (cosa ci costringe mai a pensare alla incurabilità se prima non proviamo a lottare?), di psico-oncologia, ho notato che si parla soprattutto di "accompagnamento alla morte", di "comunicazione al malato", di "farmacologia di supporto".
Nulla vien detto (o poco, per carità) in merito di ciò che può esser fatto per chi dal dramma di una malattia come un tumore, fortunatamente, è uscito o sta uscendo.

Assicuro il lettore che il lento percorso verso la morte ha certamente le sue difficoltà ed i suoi drammi nel dramma; ma è altrettanto, estremamente delicato ed indescrivibile il circolo vizioso che si attiva quando una persona, entrata nella spirale della malattia, deve uscirne fuori perchè ne ha le possibilità.

Ho detto bene. Le possibilità.

Spesso però le possibilità non fanno rima con consapevolezza di ciò che è stato rispetto a ciò che può ritornare ad essere, una persona "ex-malata".

Il lavoro di equipe allora risulta essere una delle carte vincenti per restituire, gradatamente (sottolineato mille volte) quel vissuto che è lo "switch", l'interruttore sano che può portare la persona a reimpossessarsi della propria vita.

Se gli operatori che lavorano con una persona "ex malata" hanno tutti la volontà di fare il meglio, nel rispetto delle rispettive competenze, allora risulta di fondamentale importanza remare verso gli stessi lidi, piuttosto che affrontare rotte differenti, seppur finalizzate al "bene" finale.

Questo "interruttore" alle volte è ben visibile alla persona sofferente, ma altre il buio presente nella propria vita determina la vera paura di una accensione di quella luce, perchè a far paura è ciò che il buio nasconde.

Ancora una volta, dirompente, è il "tempo" a rappresentare la chiave vincente. Lavorare su di esso può essere una delle chiavi vincenti.

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